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UN WEEKEND SU DUE
(UN WEEKEND SUR DEUX)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 gennaio 1991
 
di Nicole Garcia, con Nathalie Baye, Joachim Serrau, Félice Pasotti, Henri Garcin (Francia, 1990)

"Solo un'attrice, o un attore, può avere l'impudenza di chiedere ad un altro attore di tuffarsi in un ruolo del genere". Alle parole di Nathalie Baye si potrebbe aggiungere che solo due donne possono avere il coraggio di farlo: e la riuscita del primo film come regista dell'interprete di Resnais e di Sautet è già spiegata a metà.

UN WEEKEND OGNI DUE poteva essere l'ennesima lagna sulla coppia separata, costretta a conquistarsi l'affetto dei figli alle scadenze imposte dalla legge: Nathalie è infatti un'attrice di discreta notorietà obbligata, per sopravvivere, a presentare la tombola di beneficenza del Rotary Club di Vichy. Ed obbligata, poiché i bambini sono stati affidati alla custodia del padre e non le resta che quel fine settimana ogni quindici giorni per fare la madre, ad una specie di fuga con loro, lungo le strade che conducono verso un sud pallidamente invernale.

Ma proprio in questa rottura (con la logica di una condotta dettata dall'abitudine e da una sorta di crudele comodità, con la logica di una progressione filmica, di una convenzione drammatica altrettanto prevedibile) il film si trasforma in qualcosa di ben più prezioso: in una storia di complicità, in una confessione di fragilità, ma soprattutto in una constatazione di straordinaria vitalità fra due donne. Una regista, l'altra attrice. ambedue confuse in una vibrante, commovente osservazione del quotidiano, esaltante rivendicazione di un'energia troppo a lungo trattenuta.

UN WEEk END SUR DEUX è un film estremamente fisico. Perché la regista lo inserisce in un ambiente sempre determinante (Vichy e le crudeli meschinità degli sponsor, la piccola notorietà del divismo e la presenza continua, materiale del denaro, la sensualità vivace di una donna che sa anche di piacere, il paesaggio insolito di una road-movie sulle strade della provincia meridionale, il cielo con le sue stelle che il ragazzino ha fatto teatro di vita); e perché Nathalie Baye (che ha fatto a lungo della danza, e che trasmette naturalmente questa sua esperienza corporea al ruolo sicuramente più istintivo della sua carriera)) esprime con una fisicità sorprendentemente salutare quei sentimenti altrimenti spirituali o morali (al peggio, moraleggianti) dettati dall'aneddoto.

La determinazione serena, ma anche totalmente cosciente, di una regista e di un'attrice che indoviniamo costantemente all'unisono, illuminano così ogni pagina di UN WEEKEND SUR DEUX: bisogna aver visto Nathalie Baye, con il suo tailleur ormai sdrucito, caprioleggiare sulla spiaggia un po' per divertire i bambini, ancor più per liberare sé stessa, eccessiva e misurata al tempo stesso, tanto più affrancata quanto più mortificata da una condizione materiale e spirituale che sentiamo continuamente braccarla, per intuire la facilità, e la sempre contenuta commozione con la quale nascono le immagini di Nicole Garcia.

Non c'è l' happy end, tanto vale dirlo subito, per i protagonisti del film: per il figliolo che non riuscirà a vedere i meteoriti cadere dal cielo, per la madre che si vedrà raggiunta e separata nuovamente dai bimbi, né tanto meno per la coppia che apparirà definitivamente separata. Ma non ce n'è nemmeno bisogno: perché il vero lieto fine di UN WEEKEND SUR DEUX è nella felicità di un rapporto. Quello segreto, indomabile, modesto e folgorante che dettano le immagini di due donne intente a far cinema."


   Il film in Internet (Google)

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